Museo degli scalpellini – Cencenighe Agordino
Pochi di voi lo sanno, ma a Cencenighe è possibile visitare un museo a cielo aperto: Gli scalpellini di Cencenighe.
Nei tempi antichi i cosidetti “Taiapiera” (tagliapietra), cioè coloro che dai grossi massi di Dolomia ( del Serla) riuscivano a ricavare blocchi più piccoli, salivano ai “Mesaroz”.
La zona dei Mesaroz si trova ai piedi del Monte Cima Pape (in dialetto Spiz de la Cros), sulla destra orografica del torrente Biois ed è costituita da massi originatisi da una frana di circa 10000 anni fa, ancora oggi visitabile in quanto meta di arrampicatori della Falesia-Mesaroz. La zona è tutt’ora raggiungibile (anche dopo “Vaia”) dal centro di Cencenighe ( salendo a sinistra prima del ponte sul Biois seguendo le indicazioni per la frazione di Bogo).
Il lavoro del tagliapietra era lungo e faticoso: dai grossi blocchi di roccia, con la mazza, si dovevano praticare dei fori dove inserire la polvere pirica per poi far esplodere il blocco, in modo da ottenere massi più piccoli e più facilmente lavorabili.
Una volta terminato il lavoro, i blocchi squadrati venivano portati a valle con una con una slitta particolare e robusta chiamata in dialetto “còcio” .
Lo scalpellino, invece, era colui che lavorava la pietra, dandole forma con gli strumenti del mestiere “ponta e mazot” (scalpello e piccola mazza o mazzuolo). Le pietre utilizzate dagli scalpellini provenivano da due localita’ diverse: dalla frazione di “Roncaz”, oggi scomparsa probabilmente a causa di una frana, nella valle del Torrente Torcol e dai “Mesaroz”.
Gli scalpellini davano vita alla pietra creando, sia utensili per uso domestico (famoso “el larin” o focolare, recipienti, pestini per orzo) che materiale edile come pavimentazioni, gradini, architravi e davanzali. Gli scalpellini erano famosi anche per la costruzione delle fontane: ogni frazione del paese di Cencenighe ne aveva una, di forme diverse, quasi sempre rettangolari, caratterizzate dall’incisione dell’anno di realizzazione.
Tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700, la bravura degli scalpellini di Cencenighe arrivò fino ai paesi vicini, tanto che vennero chiamati a contribuire alla realizzazione delle statue del giardino di Villa Crotta-De’ Manzoni, ancora oggi visibili ad Agordo.
Secondo gli archivi * è lecito pensare che in realtà i taiapièra si siano limitati solo ad estrarre le pietre necessarie per ricavare le sculture”. * Sulle tracce degli scalpellini” di Luisa Manfroi
Nel giardino interno di Villa Crotta dè Manzoni, su larghe basi, sono rappresentate divinità pagane e personaggi mitologici, storici ed emblematici tra i quali Socrate, Atlante e Salomè., probabilmente scolpite da un discendente della famiglia di Tullio Lombardo, già progettista ella fontana di Piazza maggiore a Feltre.* Circolo culturale Agordino, La villa Veneta Crotta – dè Manzoni, op.cit.
Le sculture conosciute come i Pop o mut del Grota, si trovano anche lungo i pilastri del giardinetto esterno che si affaccia su piazza Libertà e rappresentano figure in abiti cinque-seicenteschi e divinità pagane ispirate ai canoni della bellezza rinascimentale.
Il percorso museale
Il museo si trova nel piazzale antistante al Nof Filò, nell’area un tempo dedicata al cimitero del paese, spazzato via dall’alluvione del ’66: intatto ancora il vecchio portale, in calcare bianco. Da notare il particolare del fiorellino a otto petali, molto ricorrente: lo si può trovare sia sull’ “Atriol del la cros ” o Capitello degli Arconi (lungo la vecchia strada di collegamento tra Cencenighe e Canale d’Agordo), sia sulla fontana al centro della piazza di Canale d’Agordo.
Il percorso museale all’aperto è composto da 7 tabelle :
- Introduzione
- Roncàz, il villaggio degli scalpellini
- Le statue di Villa Crotta – dè Manzoni ad Agordo
- Uso domestico e di lavoro
- Fontane
- Fasi e strumenti di lavoro
- Elementi architettonici
Lungo il percorso è possibile anche vedere alcuni manufatti in pietra Dolomia del Serla, sapientemente scolpiti dagli scalpellini di Cencenighe agordino e numerose pietre molari e macine da mulino (mòle in dialetto).
Ricordiamo che a Cencenighe, ad inizi del ‘900, erano attivi diversi mulini a Veronetta, ad Avoscan, a Pradimezzo e nella centralissima via Roma: la macina intera, esposta, è stata recuperata in fondo alla valle del torrente Chiòit mentre la macina “rotta” è stata recuperata nelle vicinanze del piccolo villaggio di Malos, in località Zoch de la mòla ( si pensa che l’altra parte posso essere ancora sepolta tra i massi e ricoperta dalla vegetazione).
* “Sulle tracce degli scalpellini” di Luisa Manfroi
Da leggere assolutamente il bellissimo testo completo e ricco di informazioni “Sulle tracce degli scalpellini” di Luisa Manfroi ordinabile quì
Museo all’Aperto
Gli scalpellini di Cencenighe
via XX settembre
32020 Cencenighe Agordino