A cura del Professor Alberto Bertini – Instagram
Agordo e la sua conca sono il luogo ideale per chi vuole osservare “dal vivo” i fenomeni geologici che magari sono stati studiati noiosamente sui libri: qui c’è infatti la possibilità di capire e di mettere in pratica le nozioni di geologia, mineralogia, paleontologia e petrografia semplicemente passeggiando per il paese senza alcuna difficoltà.
Vediamo allora cosa possiamo notare: a scuola si apprende fin dalle elementari che le rocce si dividono in tre grandi gruppi, le rocce magmatiche, le rocce sedimentarie e le rocce metamorfiche. Partendo da queste ultime, da Agordo si osserva la dorsale boscosa del Poi con la chiesa di Rivamonte e i sui rilievi poco elevati, ormai ridotti a semplici colline dall’erosione. Si tratta di rocce metamorfiche, ovvero di rocce molto antiche che circa 300 milioni di anni fa sono state coinvolte nella formazione di un’antica catena montuosa.
L’aspetto interessante è che partendo da Agordo ed arrivando in Primiero dove queste rocce terminano di affiorare, aumenta il loro grado di trasformazione per cui nell’Agordino troviamo, caso quasi unico al mondo, fossili che si sono conservati in lembi di rocce sfuggite al metamorfismo.
Nel 2003 sono stati rinvenuti tetracoralli, organismi coloniali simili agli attuali ma estinti, graptoliti, colonie di organismi marini oggi non più esistenti e microfossili. Rinvenuti nei pressi di Ponte Alto rappresentano un ritrovamento eccezionale per il loro grado di conservazione e la modalità con cui si sono preservati.
Le montagne che circondano la conca agordina sono poi costituite da rocce sedimentarie che i geologi definiscono come organogene e sono le dolomie ed i calcari che danno origine ai gruppi del San Sebastiano, della Civetta, della Moiazza, dell’Agnér e delle Pale di San Lucano. I turisti parlano semplicemente di Dolomiti, MA in realtà qui è possibile osservare che le dolomie in realtà sono di differenti tipi oltre che di età diverse.
In particolare nel gruppo Agnér – Pale di San Lucano affiora la Dolomia dello Sciliar, massiccia e poco stratificata, più antica delle dolomie che affiorano nella Civetta, nella conca di Cortina, in Cadore, ecc. In particolare, anche seduti in un locale della piazza di Agordo gustando una bella bibita, la vista sulle Pale di San Lucano permette di osservare un fenomeno che si è preservato solo qui ad Agordo ed in America nel massiccio di El Capitan; guardando in direzione del Campanile della Besausega si nota una frattura ai piedi della torre che continua poi nelle Pale: si tratta di quello che i geologi chiamano “piano di progradazione” un termine un pò complicato che permette di capire che la piattaforma di mare basso delle Pale di San Lucano, che un tempo sprofondava verticalmente, ad un certo punto iniziò ad accrescersi lateralmente e questo meccanismo, difficile da osservare in alte montagne, si è qui preservato sotto forma di quella linea che scorre alla base del Campanile.
Le rocce della sommità delle Pale erano un tempo la laguna che costituiva il mare poco profondo sulla sommità della piattaforma delle Pale, il cui nucleo forse si trovava dove oggi c’è la Valle di San Lucano ed è stato eroso. Guardando l’Agnér ancora oggi si scorgono quelle che a prima vista possono sembrare stratificazioni inclinate verso sud: in realtà corrispondono all’inclinazione originaria del pendio verso mare aperto della grande piattaforma delle Pale di San Martino-Pale di San Lucano e Civetta, milioni di ani fa un’unica grande zona di mare basso aperta verso il mare più profondo che la circondava.
Le dolomie che formano invece il gruppo del San Sebastiano-Moschesin e Castello ad est di Agordo sono invece costituite da Dolomia Principale, una roccia sedimentaria formatasi su una grande area di mare poco profondo (si estendeva dal Friuli al Trentino) circa 223 milioni di anni fa, in una zona simile alle attuali piane di marea. Ad essa appartengono anche la base della Moiazza e parte del gruppo della Civetta come si nota anche dalla evidente stratificazione: ad essa seguono poi rocce calcaree più giovani.
Anche il gruppo del Monte Framont è costituito da Dolomia, in particolare verso la parte occidentale questa roccia termina nelle marne e nelle argille della Formazione di San Cassiano di Malga Framont ricche di fossili permettendo così di assegnare alla cosiddetta Dolomia Cassiana il massiccio che domina la conca agordina.
Volgendo lo sguardo verso nord, oltre la cosiddetta Chiusa di Listolade, appaiono anche le scure rocce del gruppo del Piz Zorlét, un massiccio costituito da rocce vulcaniche, soprattutto lave e sabbie derivate dalla loro erosione. Se poi vogliamo addentrarci nella zona della Forcella delle Cesurette sia dalla Valle di San Lucano che da quella di Garès, potremmo osservare anche rocce intrusive, ovvero solidificate all’interno della crosta terrestre, a differenza delle lave effusive solidificatesi in superficie. Infatti nella zona a nord delle Pale di San Lucano, verso la Cima Pape, l’erosione dei corsi d’acqua ha portato ad affiorare un “sill” della potenza di circa 300 metri: con questo termine inglese si intende un corpo vulcanico costituito da magma che non è riuscito a “sfondare” la crosta terrestre e si è quindi solidificato al suo interno.
Guardando verso sud da Agordo non si può tralasciare la presenza della Faglia della Valsugana, il vero e proprio limite geologico meridionale delle Dolomiti: si tratta di una profonda frattura della crosta terreste che porta a contatto le più giovani rocce dolomitiche dei Monti del Sole con le antiche rocce del Basamento affioranti lungo la Valle Imperina: associata a questa importante linea strutturale si trovano le miniere di rame di Valle Imperina, che meriterebbero più attenzione vista la loro importanza storica e geologica.
Possiamo poi pensare che mentre passeggiamo per il centro di Agordo sotto i nostri piedi, a varie profondità, si trovano i sedimenti deposti sul fondo dell’antico Lago di Agordo formatosi oltre 5000 anni fa e durato alcuni secoli.
Come facciamo a dire che nella conca agordina esisteva un lago? Oltre al ritrovamento di tronchi fossili sommersi dalle argille lacustri che ne hanno permesso la datazione, i sondaggi effettuati per le costruzioni del paese hanno evidenziato a varie profondità ghiaie e sabbie tipiche di un delta lacustre che vengono sostituite da sedimenti via via più fini più ci si avvicina alla soglia rocciosa di Ponte Alto a sud: era quindi il paleodelta del Cordevole che sfociava nello specchio lacustre. Procedendo verso nord, dove oggi c’è la galleria che collega Listolade e Cencenighe, il Cordevole ha scavato una delle più belle e complete sezioni di una piattaforma carbonatica in cui è possibile riconoscere il passaggio da formazioni terrigene, ovvero costituite da sedimenti portate da fiumi ed alluvioni, da quelli carbonatici, spessi centinaia di metri, un tempo chiamate scogliere coralline.
Perchè un tempo e non più oggi?
Perche sappiamo che le Dolomiti non erano scogliere costruite da coralli come si crede comunemente, ma zone di mare basso, le cosiddette piattaforme carbonatiche, in cui si produceva, probabilmente ad opera di batteri, fango carbonatico, un ambiente quindi che non assomigliava ai caraibi o Maldive odierni, ma piane di marea con microrganismi che facevano precipitare il carbonato di calcio, che in alcune zone è stato sostituito da dolomite ad opera di acque ricche di magnesio. Una storia complicata che ancora oggi non è stata pienamente appresa e che magari proprio l’Agordino con le sue montagne contribuirà a risolvere.