SULLE TRACCE DI BRUNO CASTIGLIONI: LA PARETE NORD-OVEST DELLA CIVETTA DAL RIFUGIO TISSI
“Tra i principali e più bei massici delle Alpi Dolomitiche, questo della Civetta è rimasto fino a pochi anni fa tra i meno conosciuti…”.
Esordiva così nel 1931 Bruno Castiglioni nella sua monografia “Il gruppo della Civetta” quando da pochi anni erano stati costruiti i rifugi Coldai nel 1905 e Vazzoler nel 1929: la parete nord e quella sud del massiccio erano quindi più facilmente raggiungibili sia dagli escursionisti che alpinisti che potevano così finalmente percorrere senza difficoltà la traversata della Civetta.
Ma dove era possibile osservare in tutta la sua maestosità quella che ancora oggi è nota come la “parete delle pareti”, la nord-ovest, dove nel 1925 gli alpinisti Solleder e Lettenbauer avevano inaugurato l’era del VI grado? Esiste un luogo unico, magico dove almeno una volta nella vita bisogna andare per osservare nella sua interezza il capolavoro della natura: il Col Rean, proprio quasi a metà strada tra i due rifugi ed in vista della famosa parete. E’ qui che nel 1963 venne inaugurato il Rifugio Tissi, dedicato alla memoria del grande alpinista agordino Attilio Tissi, caduto sulle Tre Cime di Lavaredo nel 1959.
Da questo punto di osservazione la vista spazia sulla muraglia dolomitica della Civetta ed è proprio da qui che possiamo osservare alcune caratteristiche geologiche della montagna facendo riferimento agli studi di Bruno Castiglioni.
In particolare possiamo seguire il succedersi delle formazioni geologiche a partire dalla Val Civetta: sotto le morene, costituite dagli accumuli detritici che formano i dossi e le colline su cui passa anche l’Alta Via delle Dolomiti, affiora in qualche punto la Formazione di Travenanzes, un tempo nota con il nome di Formazione di Raibl: queste rocce, il cui contenuto argilloso impermeabile è elevato, permettono il ristagno di acqua piovana o di fusione nivale che dà origine a piccole pozze d’acqua o laghetti effimeri ubicati in tanti punti della valle.
La base della parete NO è invece costituita da rocce stratificate appartenenti alla Dolomia Principale derivate da fanghi depositati su una zona di mare basso a sedimentazione carbonatica circa 223 milioni di anni fa. Si tratta di una piana di marea simile a quelle che oggi si trovano ad esempio agli estuari di grandi fiumi o nei pressi di coste basse come ad esempio il Wattenmeer tra Olanda, Germania e Danimarca: un ambiente quindi completamente diverso dalle attuali montagne dolomitiche.
La parete delle pareti è però famosa per molte sue vie alpinistiche che si snodano sfruttando le ripide fratture verticali che formano le cosiddette “canne d’organo”: fino alla cima la roccia della Civetta non è dolomia ma calcare, in particolare appartiene ai Calcari Grigi che affiorano in tante località delle Dolomiti ampezzane e settentrionali.
Depositati tra 200 e 178 milioni di anni fa, contengono spesso ooliti, ovvero minuscole sferette di carbonato di calcio tipiche di deposizione in ambiente tropicale, con acque basse, in condizioni simili alle attuali isole Bahamas: esse indicano condizioni di acque poco profonde, formatesi per compattazione delle ooliti in zone prossime alla battigia, dove il continuo moto delle onde che si infrangono in prossimità della riva. In alcuni livelli si possono trovare anche numerosi fossili.
Dal rifugio si osserva anche la complicata struttura tettonica della parete NO della Civetta: oltre alle numerose fratture sono da rilevare delle dislocazioni causate da pieghe della roccia: Castiglioni nel suo studio ne individua almeno tre di rilievo, oltre ad altre minori come quella che si può seguire alla base del ghiacciaio del Cristallo.
Le foto contribuiscono alla spiegazione della struttura. Dal Rifugio Tissi si può anche osservare l’enorme frana che ha interessato la Cima Su Alto il 16 novembre 2013: con un volume di circa 50000 metri cubi di roccia ed un fronte di circa una cinquantina di metri, il crollo ha interessato lo spigolo NO della cima con distruzione di importanti vie alpinistiche. Il sentiero che vi transita sotto invece non ha riportato alcun danno.
Infine una particolare menzione merita il ghiacciaio di versante chiamato Cristallo, ben visibile anche dal fondovalle agordino: ubicato su un ripiano formato da una dislocazione tettonica, deve la sua alimentazione a valanghe che precipitano dai ripidi pendii sovrastanti. Nelle vicinanze del piccolo ghiacciaio, in particolare sulle pareti sottostanti, si notano delle strisce verticali nere, come in altre zone dove le rocce calcaree presentano fratture: si tratta del fenomeno che è noto con il nome tedesco “Tintenstriche”, ovvero strisce d’inchiostro . La colorazione è legata alla presenza di cianobatteri, in passato noti con il nome di alghe azzurre e verdi, che colonizzano ambienti dove l’acqua di stillicidio fuoriesce dalle fratture della roccia facendo assumere quel colore scuro che ricorda pennellate di inchiostro nerastro.
Dal Col Rean la Civetta svela i suoi segreti agli escursionisti che salgono al Rifugio per godere di questo panorama unico al mondo.
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