La Befana è un personaggio natalizio del folklore italiano: è una vecchina brutta, gobba, con naso adunco e bitorzoluto, vestita di stracci (gonna e grembiule, grossi calzettoni contro il freddo intenso dell’inverno e scarpe comode) con un fazzoletto sulla testa, annodato sotto il mento, e uno scialle di lana colorata sulle spalle, che su una scopa che vola, la notte della vigilia dell’Epifania porta dolciumi e leccornie ai bambini buoni e carbone ai bambini cattivi. La Befana lascia i propri doni nelle calze o calzettoni che i bambini appendono al camino, alla finestra o alla stufa di casa, dopo averla “chiamata” con diverse canzoncine o ritornelli, come ad esempio
La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, col vestito a la romana viva viva la befana!
La befana non è una strega cattiva, come erroneamente si pensa, ma una vecchina dolce e gentile: non porta il tipico cappello a punta delle streghe ( figura tipica della tradizione inglese), porta i doni in piccoli sacchi malconci ( dalla forma allungata fino ad assomigliare a delle lunghe calze) e non in un grande sacco come Babbo Natale e vola su una scopa tenuta al contrario cioè con le ramaglie davanti a sè.
Le origini di questo personaggio sono da far risalire ad antichissimi riti propiziatori pagani legati alle stagioni e all’agricoltura, più precisamente al solstizio d’inverno (21 dicembre) e al rito del Sol Invictus: i pagani, infatti, festeggiavano il 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi. Nell’antica Roma dodici giorni dopo il Sol Invictus, quindi il 5 gennaio, si celebrava la rinascita di Madre Natura: si credeva che divinità femminili volassero sopra i campi per propiziare i raccolti ( da quì la figura femminile della Befana su una scopa volante!).
Con l’avvento del Cristianesimo, la ricorrenza del Sol Invictus questa venne fatta coincidere con la nascita di Cristo il 25 dicembre appunto.
La figura femminile di Madre Natura e conseguente la figura della vecchietta, invece, venne inserita nella tradizione dei Re Magi: questi ultimi, diretti a Betlemme per far visita ed onorare il piccolo Gesù appena nato, si persero lungo il cammino ( prima che apparisse loro la stella cometa a far da guida) e chiesero ad una vecchina lungo il sentiero se poteva indicare loro la strada da seguire. La vecchia sgarbatamente non diede loro risposta e si chiuse in casa. Subito dopo si pentì di non aver seguito i 3 Re Magi: allora prese quanti dolcetti e caramelle potè, riempiendo un sacchetto da portare a Gesù bambino… Ma ormai i Re Magi erano lontani e alla povera vecchia non restò altro che fermarsi in ogni capanna per cercare il nuovo nato, ma non lo trovò…
Così decise di donare a tutti i bambini che trovava un dolcetto, sperando di essere perdonata un giorno per lo sgarbo fatto ai Tre Re Magi.
Anche le dodici notti intercorse tra il 25 dicembre (solstizio d’inverno) e il 5 gennaio erano considerate magiche, così come lo era la notte del solstizio d’estate ( 21 giugno): ricordiamo la magica notte di S. Giovanni (23-24 giugno) in Agordino!
Nel nord Europa, la figura della Befana deriva dalla figura di Perchta , probabilmente derivato da antiche divinità celtiche e germaniche pre – cristiane come Perchta (Berchta o Bertha) e Madame Holle, conosciuta in Italia come Fata piumetta o Fata della Neve, personaggio di una fiaba dei Fratelli Grimm. Questi personaggi dell’antichità comparivano nei dodici giorni compresi tra il Natale e la vigilia dell’Epifania ed erano considerate le custodi del Regno animale e della Natura; erano divinità benevole, anche se sotto le sembianze di vecchie brutte ed arcigne.
La ragazza accettò la proposta di Madame Holle e rimase con la vecchia per un lungo periodo: la vita con la vecchietta era sicuramente migliore di quella con la sua matrigna e sorellastra. Poi un giorno, però, la fanciulla si fece prendere dalla nostalgia di casa e Madame Holle decise di regalarle il ritorno a casa: la accompagnò ad un portone e le disse di aprire la porta e sarebbe tornata subito a casa. Attraversando la porta la ragazza venne ricoperta da una pioggia d’oro e subito si ritrovò a casa sua e raccontò alla matrigna ed alla sorellastra tutto quello che le era accaduto.
Il personaggio caratteristico dell’Epifania è quindi la Vecchina chiamata appunto Befana, Donàcia a Laste di Rocca Pietore, Donàze a Colle Santa Lucia, Vecia Redosega (Termine è usato nel centro Cadore, in Valbelluna e in Alpago. Il termine Redò§ega (anche Rèina Dóde§e, Aredòde§a) pare legata al nome Erodiade che attinge con probabilità a Hera-Diana, divinità femminile legata anche al mondo degli inferi di cui era sovrana.© Secco Gianluigi 2001 – AUTORE – Mata ) o Vecia Marantega ( Il termine, forse derivante da mater antiqua, è in uso prevalentemente in Valbelluna e nel Feltrino, come pure a Venezia © Secco Gianluigi 2001 – AUTORE – Mata)
La vecchia, brutta e trasandata, a rappresentare l’anno appena finito quindi ormai vecchio, con alcune caratteristiche che si riscontrano in diverse tradizioni, come il filare o o tessere (conocchia, arcolaio e fuso), l’acqua ( dimora di Frigg e l’acqua del pozzo che permette alla fanciulla della fiaba dei fratelli Grimm l’incontro con Madame Holle), la scopa (simbolo delle faccende domestiche) e il carbone ( residuo dei falò tipici dell’Epifania ma anche “regalo” indesiderato per i bambini cattivi come la pece di Madame Holle per la sorellastra sfaticata).
Nella tradizione agordina, ricorrono spesso i divieti assoluti per le donne di filare la notte dell’Epifania o comunque di occuparsi di faccende domestiche in cucina (come usare pentole o paiuoli) o nella stalla, al fine di non inimicarsi la Vecchietta e portare buon auspicio per l’anno nuovo appena iniziato.
Il divieto di non entrare nelle stalle, per uomini e donne esisteva anche in altri momenti del lungo inverno: si pensava, infatti, che durante alcune particolari notti magiche ( ad esempio a Cencenighe Agordino la sera del patrono Sant’Antonio Abate) il bestiame nelle stalle potesse parlare, ma l’uomo non poteva assolutamente ascoltare, pena l’essere trasformato in un pezzo di legno.
Ad esempio, la vigilia di Natale, allorché si credeva che alle bestie fosse dato il dono della parola, e che chi avesse ascoltato sarebbe stato mutato in un ceppo. Per la sera della befana «chi è addetto a vedolà, ha l’incarico di somministrare al bestiame una doppia razione di foraggio; le mucche saranno dotate in quella notte prodigiosa di favella umana» (cfr. G. B. Pellegrini, 1947).
La vecchia quindi come simbolo da bruciare, per lasciar andare l’anno vecchio appena passato e prepararsi al ritorno della luce e alla rinascita di Madre Natura: tipici i falò propiziatori della sera della vigilia dell’Epifania. Finiti i falò propiziatori, ci si doveva chiudere in casa, sprangando tutte le possibili vie di entrata come porte, finestre e camini e si doveva attendere che la vecchia passasse con i suoi 12 figli (i 12 mesi appena trascorsi ) portandosi via tutto il brutto e il negativo dell’anno appena passato….Svanendo alle prime luci dell’alba del nuovo giorno…La Vecchina e l’Epifania tutte le feste si porta via!!!
Testo di Elisa Manfroi
Bibliografia
www.wikipedia.it
© Secco Gianluigi 2001 – AUTORE – Mata
http://www.venetrad.it/
https://web.archive.org/web/20181111000040/http://www.ilcomuneinforma.it/viaggi/6749/la-befana-in-italia-origine-e-storia/