Premessa…
Stavo passeggiando in una calda giornata estiva tra le abitazioni e le strade di Pompei, ammirato e stupito per il grado di conservazione della cittadina partenopea “sigillata” dalle colate piroclastiche del Vesuvio. Come la vicina Ercolano, anch’essa perfettamente riportata alla luce da scavi archeologici non ancora terminati, Pompei permette di ripercorrere le vicende della popolazione prima della famosa eruzione del 79 d.C. ricostruendone le condizioni ed i modi di vita: il materiale vulcanico ha permesso una “fossilizzazione” creando così le condizioni per ricreare un realistico spaccato della realtà di allora.
Viene da domandarsi quale collegamento ci sia tra una passeggiata tra le rovine napoletane e l’Agordino: anche qui da noi i vulcani hanno “sigillato” con i loro prodotti il passaggio tra una piattaforma carbonatica e l’adiacente bacino più profondo. E’ quanto si osserva ad esempio osservando la Valle di Gardès tra le Pale di San Lucano e la catena vulcanica di Cima Pape-Monte Prademur.
Circa 230 milioni di anni fa quella che oggi è la Valle di Gardés era il passaggio tra il pendio della piattaforma delle Pale di San Lucano ed il bacino in cui si depositavano i sedimenti che oggi danno origine agli strati rocciosi della Formazione di Livinallongo. Una situazione geologica che era comune nell’area dolomitica, ma che qui, grazie alla presenza delle rocce vulcaniche che si sono depositate sopra le due formazioni, si è conservata magnificamente.
La copertura vulcanica ha quindi “sigillato” questo passaggio e l’erosione legata al sollevamento della catena alpina ne ha permesso l’esposizione. Questo fenomeno non era sfuggito ai primi geologi che frequentavano l’area dolomitica: si pensi ad esempio al lavoro del geologo austriaco Von Mojsisovics ( nome completo solamente “Johann August Georg Edmund Mojsisovics von Mojsvar”) sulle scogliere delle Dolomiti (Die Dolomitriffe von Südtirol und Venetien” edito verso la fine dell’800.
In questa sua opera viene riportato proprio lo schema della Valle di Gardés con la ricostruzione geologica della zona di passaggio scogliera – bacino. Non sono mancati studi successivi su questo fenomeno che si sono protratti fino ai nostri giorni. Oggi inoltre i sentieri che salgono sia dalla Valle di San Lucano che da Pradimezzo (Cencenighe) alla Forcella Gardés permettono di osservare dal vivo questa diversità di ambienti: salendo infatti alla forcella da Pónt nella Valle di san Lucano, si nota come la valle sia occupata nel versante sinistro (Pale di San Lucano) da dolomie e calcari di scogliera ancora affioranti nella loro posizione originaria corrispondente all’antico pendio sottomarino della piattaforma e nel versante destro dai calcari della Formazione di Livinallongo (zona di Malgonera, ecc) depositati nel bacino più profondo antistante.
Il tutto sepolto dagli imponenti spessori di rocce derivate dallo smantellamento dei due vulcani che circa 230-236 milioni di anni fa erano ubicati in Val di Fassa (Predazzo e Monzoni) e nella zona della Cima Pape. La salita alla Forcella Gardés permette quindi di “osservare” in prima persona quella che viene ancora indicata con il termine geologico “eteropia di facies” ad indicare due ambienti diversi (bacino/piattaforma) con deposizione di rocce diverse (calcari di mare profondo/calcari e dolomie di piattaforma di mare basso) che coesistono nella stessa località. E’ questo uno degli esempi didattici più significativi a livello geologico, un magnifico viaggio nei mari caldi che un tempo occupavano quella che oggi corrisponde alle Dolomiti e che non deve mancare nel “bagaglio” di osservazioni di ogni geologo.