Notte tra il 28 e 29 ottobre 2018: la tempesta VAIA raggiunge il suo apice con venti così forti da sradicare milioni di abeti in intere zone del Triveneto e forti piogge che provocano dissesti e danni in molte aree del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli. Ancora oggi i segni di quell’evento così violento sono osservabili girando per sentieri di montagna o semplicemente osservando intere porzioni di territorio disboscate o interessate da frane.
I danni economici ingenti associati a VAIA non sono ancora del tutto ammortizzati così come quelli psicologici legati al ricordo di quei giorni. Eppure ci sono zone che, dopo il disastro ambientale, sono stati recuperati rivelando aspetti poco conosciuti: è il caso della zona di Pónt, nella Valle di San Lucano, devastata in modo spaventoso fino a qualche tempo fa ed oggi di nuovo percorribile senza problemi. La tempesta del 2018 ha asportato terreni e detriti depositandoli nel fondovalle, portando così alla luce testimonianze dell’attività estrattiva legata ala cava di “marmo nero”: in realtà non si tratta ovviamente di marmo, la roccia metamorfica derivata dalla trasformazione del calcare, ma da calcari di età anisica chiamati Calcari Scuri di Morbiach.
Si osservano banchi calcarei che raggiungono, nella valle di San Lucano, uno spessore globale di circa una settantina di metri: è evidente una superficie nodulare, in alcuni livelli così accentuata da mascherare la stratificazione. Dove l’erosione del Torrente Bordina ha asportato la vecchia copertura stradale si notano piste di organismi che si nutrivano del fango della laguna paludosa presente in questa zona circa 243 milioni di anni fa (organismi limivori). Oggi nella zona sono presenti massi squadrati derivati dal taglio delle rocce messi in risalto dall’evento erosivo di VAIA e si possono osservare facilmente dalla strada che sale da Col di Prà.
Rappresentano quindi una testimonianza storica estremamente importante per una valorizzazione storico-geologica della zona. Seguendo per poche decine di metri la strada a fianco del Torrente Bordina fino al primo tornante dove una cascatella taglia le scire rocce della Formazione di Moena, la forte attività erosiva legata a VAIA ha asportato la copertura vegetale ed i detriti sul letto del torrente: il risultato è la vista, un tempo nascosta, delle meravigliose pieghe contorte delle rocce sul fianco sinistro del corso d’acqua. Si tratta di pieghe conosciute con il termine inglese di “SLUMP”, ovvero franamenti di rocce all’interno di bacini profondi con sconvolgimenti caotici delle rocce.
In questo caso si tratta delle rocce della Formazione di Moena, depositatesi in un bacino di piccole dimensioni ubicato all’interno della scogliera del Civétta –Pale di San Martino, in una zona che oggi corrisponde alla testata delle valli di Garés e del Rio Bordina. Il livello della superficie marina andava ulteriormente approfondendosi e vennero a crearsi delle zone in cui i detriti si accumulavano come vere e proprie correnti di torbida. Qui si osservano inoltre le due caratteristiche (facies in termini geologici) diverse di questa formazione, datata a circa 243 milioni di anni fa: le pieghe interessano le cosiddette laminiti spesso dolomitizzate, dovute alla sedimentazione sul fondo del bacino di materia organica e plancton, alternate a lamine più chiare dovute al fango in sospensione dopo tempeste e mareggiate. Sopra di esse, ben visibili dalla strada, il secondo tipo di rocce è rappresentato dalle brecce con blocchi di varie dimensioni.
Una splendida sezione di queste brecce, tagliata dal filo elicoidale durante l’attività estrattiva del “marmo nero” è visibile nei pressi di un fienile privato sulla sinistra del T. Bordina, dove i blocchi che franavano dalle piattaforme calcaree (Formazione del Contrin, le Pale di San Lucano non erano ancora nate!!) sono immersi in matrice è prevalentemente dolomitica, di colore grigiastro e fangosostenuta. Sono presenti idrocarburi derivati dalla componente organica non ossidata e questo permette di ricostruire un bacino a scarsa circolazione di acqua, senza ossigeno (anossico), tale da non permettere lo sviluppo di forme di vita.
Infine, sempre nella zona di Pónt, “grazie” a VAIA si può notare sul bordo della strada (salendo a sinistra) un deposito con limi argilloso-sabbiosi, probabilmente deposti sul fondo di un laghetto di contatto glaciale all’inizio del ritiro del ghiacciaio nelle prime fasi dell’ultima glaciazione.